Rientro al lavoro lavoratori positivi al covid: una nostra rivisitazione dell'articolo di punto sicuro

24/11/2020
Autore: Dott. Giorgio Codecà

Rientro al lavoro lavoratori positivi al covid: una nostra rivisitazione dell'articolo di punto sicuro

In seguito al contagio di un lavoratore la legislazione emergenziale, compresi i vari DPCM succedutesi e che hanno sempre confermato la validità del cosiddetto Protocollo condiviso, configura la seguente situazione:

 il reintegro al lavoro.

Il reintegro al lavoro necessita, invece, innanzitutto che il lavoratore presenti al datore di lavoro la certificazione di avvenuta negativizzazione del tampone. Dopo questo primo passo il lavoratore andrebbe anche sottoposto ad una “Visita di reintegro” da parte del medico competente. Viste le varie circolari non vi è certezza se debbano essere sottoposti solo i lavoratori ricoverati o anche quelli semplicemente positivi   


A questo proposito, è noto che i fattori di rischio specifici per poter causare un danno alla salute del lavoratore devono svolgere - per definizione - una azione prolungata nel tempo. A mente di ciò l’espressione “precedentemente alla ripresa del lavoro” per questa fattispecie di Visita potrebbe ragionevolmente non essere interpretata in maniera meramente letterale.È ovvio innanzitutto che ove il lavoratore presenti sequele inabilitanti in particolare di tipo astenico, non sarà comunque in grado di riprendere l’attività lavorativa, dovendo ricorrere alla malattia ordinaria. Nelle restanti situazioni, invece, la raccolta delle informazioni e della eventuale documentazione sanitaria - nella assoluta stragrande maggioranza dei casi - metterà in condizione il medico competente di esprimere un Giudizio di idoneità provvisorio in merito alla necessità temporanea di prescrivere misure di adattamento o di controindicare attività o fasi della mansione specifica. Come ovvio, tale Giudizio dovrà essere perfezionato, alla prima occasione possibile anche in relazione all’evolvere dello scenario epidemiologico, dalla Visita in presenza. 

È forse anche utile ricordare che la stessa citata Circolare del Ministero della Salute del 29 aprile ammetteva che possono essere procrastinate le visite mediche non “urgenti”; la necessità di questa cautela è stata recentemente ribadita in relazione all’attuale fase pandemica dalla Circolare Interministeriale n. 28877 del 04/09/2020 (Aggiornamenti e chiarimenti). 

Aiuterà anche la previsione che durante il prossimo anno il lavoro dei medici competenti sarà da riprogrammare con una calendarizzazione che dovrà tener conto del differimento delle attività sanitarie non urgenti e che vedrà spesso, in pratica, coincidere la scadenza delle visite periodiche con le altre attività imposte dall’emergenza.

Il medico competente, infine, deve svolgere la sua opera secondo i principi della medicina del lavoro e del Codice etico della Commissione internazionale di salute occupazionale (ICOH). Tra questi un ruolo centrale svolge la necessità di tenere conto dell’appropriatezza, della predittività e del costo economico e sociale degli accertamenti sanitari che egli dispone.

In sintesi, visite prive di una certa necessità clinico-preventiva non solo non sono urgenti ma, se effettuate in maniera sistematica, possono ingiustificatamente contribuire alla diffusione del Covid  Ci pare perciò, di poter affermare che una interpretazione rigidamente letterale della norma tradirebbe spirito e finalità che palesemente ne aveva motivato l’adozione, ovvero la tutela sostanziale delle condizioni di salute dei lavoratori.

Si formula di seguito una proposta di flusso lavorativo, nella consapevolezza sia delle grandi difficoltà dei medici competenti che stanno continuando nel loro gravosissimo tentativo di illustrare ai datori ed ai lavoratori, con semplicità e costanza, una materia in tumultuosa evoluzione sia tecnico-scientifica che normativa, sia di quelle dei soggetti preposti alle attività di controllo. 

Il datore di lavoro deve essere messo in grado di adottare tutte le misure necessarie per a tutela del lavoratore contagiato. Affinché ciò sia possibile il lavoratore dovrà comunicare al medico competente qualunque variazione del proprio stato di salute (ma in particolare gli episodi di polmonite o le infezioni respiratorie gravi). Il medico competente tratterà le informazioni e la eventuale documentazione sanitaria correlata nel rispetto della normativa per la tutela dei dati personali e tenendo in particolare considerazione la tipologia di rischi specifici a cui il lavoratore è esposto. Valuterà quindi con il lavoratore se sussiste la necessità della Visita di reintegro, ed ove sussista, che questi faccia richiesta di visita straordinaria ai sensi dell’art. 41 comma 2 lett. c del D. lgs. 81.

È comunque ancora possibile che il lavoratore non faccia tale richiesta. In tal caso la Visita di reintegro deve essere effettuata comunque ed il medico competente dovrà renderne edotto il datore di lavoro. La richiesta di Visita di reintegro, ai sensi del DPCM in vigore al momento, in questo caso sarà inoltrata dal datore di lavoro. A parere della SIML anche ad esito di tale Visita, che come noto va effettuata anche quando non siano trascorsi più di 60 giorni di assenza continuativi dal lavoro per motivi di salute, andrà formulato un Giudizio di idoneità.

Ipotesi di processo operativo

  1. Il datore di lavoro informa i lavoratori dell’obbligo di inviargli la certificazione di avvenuta negativizzazione come rilasciata secondo le disposizioni locali e di comunicare in via riservata al medico competente anche ogni altra variazione del loro stato di salute.
  2. Il lavoratore contatta il medico competente il quale acquisisce l’eventuale documentazione sanitaria e valuta con il lavoratore stesso la necessità di sottoporlo o meno a Visita di reintegro.
  3. Se la Visita è ritenuta necessaria:
    • il lavoratore sottopone al datore di lavoro richiesta di visita straordinaria (art. 41 c. 2 lett. c);
    • se il lavoratore non intende chiedere la vista straordinaria, il datore di lavoro sottopone al medico competente richiesta di Visita ai sensi del DPCM in vigore al momento.
  1. In entrambi i due ultimi casi, nelle more della possibilità di effettuare la Visita in presenza, il medico competente esprimerà un Giudizio di idoneità provvisorio contenente le prescrizioni o limitazioni imposte dagli esiti di malattia Covid.
  2. Anche in caso tale Visita non sia ritenuta necessaria, in considerazione delle informazioni e della documentazione ricevuta, il medico competente potrebbe comunque dover indicare al datore di lavoro misure aggiuntive di tutela.

In ogni caso, viste le diverse disposizioni territoriali, si ritiene utile verificare comunque - dove possibile - l’orientamento in merito a tale procedura dell’Organo di Vigilanza locale e, al fine di semplificare il comune lavoro, di allegare alla Cartella sanitaria e di rischio la documentazione acquisita e soprattutto di lasciare traccia al suo interno dei vari passaggi e delle motivazioni a loro sostegno. 

Tale prassi non può che ritenersi assolutamente eccezionale ed utilizzabile nella sua irritualità esclusivamente in ragione del contesto emergenziale nel quale ci troviamo ad operare.

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